TIMO THYMUS CITRIODORUS AUR.-pianta generica
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TIMO THYMUS CITRIODORUS AUR. - info

THYMUS CITRIODORUS AUREUS = TIMO

Tra le piante aromatiche questa è la prediletta dalle fate e dagli indovini!

Eccezionale in cucina, bella nei nostri vasi e cassette, profuma l'ambiente

Quindi non si può chiedere certo di più ad pianta.

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(tratto dal libro di Alfredo Cattabiani "Florario - miti, leggende e simboli di fiori e piante". E' un libro da acquistare leggere consultare!)

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PREDILETTO DALLE FATE

Filocoro di Atene, esegeta, indovino e profondo conoscitore dei riti, riferisce che fu il timo ad alimentare la fiamma dei sacrifici più antichi, i nephdlia, dove ci si asteneva da ogni libagione di vino e non si usava né il legno di vite né quello di fico.

L'uso sacrificale del timo è spiegato dal suo stesso nome greco, thymon, che lo designava come l'arbusto più adatto a produrre il fumo sacrificale: derivava infatti dal verbo thymiào, «ardo come profumo».

Fu tradotto nel latino thymus che ha dato il nome alle due specie principali, Thymus vulgaris e Thymus serpillum: la prima, che vive prevalentemente nei luoghi aridi, presenta i fusti ascendenti o eretti e i fiori rosei o bianchi; la seconda ha i fiori rosei con foglioline punteggiate di piccole ghiandole che contengono olii essenziali.

Quest'ultima è stata chiamata serpillum perché, scriveva Plinio, «serpeggia, il che avviene nella specie selvatica, soprattutto nei terreni rocciosi; mentre in effetti quello coltivato non striscia, ma cresce in altezza fino a un palmo».

Siccome il nome ricorda i serpenti, si diceva anticamente che fosse efficace contro il morso dei rettili, «specialmente» riferiva lo stesso Plinio «contro il cencro e contro le scolopendre, sia di terra sia di mare, e gli scorpioni: bisogna far bollire i ramoscelli e le foglie nel vino».

Si favoleggia che sia amato dalle fate; sicché chi vuole incontrarle dovrebbe preparare un infuso delle sue infiorescenze: ma occorre farlo con cautela e in luoghi aperti, perché sarebbe pericoloso portarne i fiori in casa.

Si sa invece con certezza che il fiore è uno dei più ricercati dalle api, come già ricorda Virgilio che paragona la città operosa a un alveare:
Così all'inizio dell'estate il lavoro
per i campi fioriti affatica le api nel sole,
quando guidano fuori i figli adulti della specie
o stipano il liquido miele e ricolmano di dolce nettare
le celle o ricevono il peso dalle venienti, o fatta una schiera
scacciano dalle arnie i fuchi, neghittoso sciame:
ferve l'opera, olezza il fragrante miele di timo.

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IL SIMBOLISMO DELLA PIANTA

Grazie a questo stretto legame con le api operose la pianta di timo ha evocato l'emblema della Diligenza.

Nell'Iconologia del Ripa è descritta come una donna di vivace aspetto che tiene nella mano destra un ramo di timo, sopra il quale vola un'ape, e nella sinistra un ramoscello di mandorlo avvinto a un altro di gelso, mentre ai suoi piedi vi è un gallo che ruspa: «La diligente industria, ovvero l'industriosa Diligenza in eleggere, scegliere e capare il migliore vien figurata dall'Ape che vola sopra il Timo [...]. Plutarco nel trattato della tranquillità dell'animo riferisce che è erba bruschissima e aridissima e nondimeno da quella prendono l'Api il mele, l'applica egli a gli huomini generosi di cuore che dall'austerità ne cavano utile». Quanto al mandorlo avvinto al gelso, esso vuol significare che la persona diligente non può essere affrettata nel proprio lavoro ma deve coniugare operosità e pazienza, secondo l'aureo motto augusteo Festina lente,
raffigurato perfettamente dal mandorlo, primo albero a fiorire, e dal gelso che è l'ultimo. Il gallo infine «è animale sollecito e diligente per se stesso, in atto poi di ruspare dimostra l'attione della Diligenza, poiché il gallo tanto ruspa per terra fin che si trova quel che desidera e discerne dagli inutili grani del suo cibo».

L'emblema del Ripa si riallacciava a un'usanza del Medioevo, quando le dame per favorire questa virtù nel loro cavaliere gli donavano una sciarpa su cui era ricamata un'ape che volava intorno a un ramoscello di timo.

Nel linguaggio ottocentesco dei fiori questa piantina ha simboleggiato sia l'Operosità sia l'Amore duraturo con il messaggio: «Non ti
scorderò mai!».

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USI MEDICINALI ANTICHI E MODERNI

Nel Rinascimento, come testimonia Castore Durante, lo si consigliava, cotto nel vino, per gli asmatici e i podagrosi, ma anche per curare le irritazioni della vescica, eliminare la tenia, guarire dagli avvelenamenti e provocare le mestruazioni.

Lo si usava, secco, polverizzato e mescolato ad argilla, come dentifricio e disinfettante delle gengive.

Ancora oggi lo si adopera per la pulizia del corpo e la disinfezione in soluzioni detergenti saponose.

È inoltre un componente delle lozioni per capelli.

Dal timo si estrae un olio essenziale, costituito da timolo e carvacrolo e da terpeni e derivati terpenici, con proprietà antisettiche e antispasmodiche.

Un tempo lo si consigliava quale farmaco adatto a curare, per via orale, tifo e dissenterie o, inalato, la tubercolosi, la bronchite e la pertosse.

Scheda tecnica

Luce
Sole diretto
Temperatura consigliata
Può andare sotto 0 °C
Annaffiatura
Aspettare che la terra sia asciutta. Per verificare grattare e tastare con le dita ben sotto la superficie del terreno. Immergere il vaso della pianta in un contenitore con acqua, per 1/5 della sua altezza per 3 minuti.
Nome
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Provenienza
Mediterraneo occidentale
Famiglia
Lamiaceae (Labiatae)

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