

(tratto dal libro di Alfredo Cattabiani "Florario - miti, leggende e simboli di fiori e piante". E' un libro da acquistare leggere consultare ! )
I Latini chiamavano il frutto malum punicum, melo fenicio, perché si diceva che provenisse dall'area siro-fenicia dove una mitica Side,
altro nome greco della melagrana, veniva considerata l'eroina fondatrice di Sidone che ne aveva ripreso anche etimologicamente il nome.
L'alberello, detto botanicamente Punica granatum, proviene in realtà da una zona che si estendeva dal Punjab, in India, ai territori a sud del Caucaso; ma fin dall'antichità si era diffuso in Asia Minore e poi nei Paesi mediterranei.
I miti arcaici della melagrana
Attributo della Grande Madre, regina del Cosmo, la melagrana era simbolo di Fecondità.
Secondo un mito greco il primo melograno nacque dalle stille di sangue di Dioniso.
Quando uscì dal rifugio che era stata la coscia del padre Zeus, il piccolo fu catturato dai Titani che, ispirati dalla gelosissima Era, lo fecero a pezzi e poi lo misero a bollire in un paiolo.
Dal sangue che si era sparso spuntò un albero, il melograno; e altri sorsero sulle tombe di giovani eroi, da Eteoklès a Menoikéus, racchiudendo nell'essenza vegetale le stille del loro sangue.
Ma in epoca arcaica il melograno era associato a un essere femminile, Rhoió, uno dei nomi greci della pianta: era figlia di Stàfylos, il Tralcio d'uva, a sua volta figlia di Dioniso.
Il padre irato l'aveva rinchiusa in una larnax, un recipiente di argilla, e gettata in mare.
Dopo un fortunoso viaggio era approdata sull'isola di Deio dove aveva generato Anios, che a sua volta aveva generato Oinó, Spermó, Elaìs,
ovvero Vino, Grano e Ulivo.
Side è un altro nome del melograno, collegato a una fanciulla, eroina eponima di Panfilia.
Secondo la leggenda più antica Side era sposa di Orione, il mitico cacciatore che la gettò nell'Ade perché aveva osato contendere con Era in una gara di bellezza.
Forse il mito riflette il passaggio da una sfera cultuale primitiva a una più moderna dove Era aveva assunto il ruolo principale.
Un'altra variante del mito narra che Side, insidiata dal padre, si uccise sulla tomba della madre.
Gli dei, impietositi dalla triste vicenda, fecero sorgere dal sepolcro il melograno mentre il padre veniva trasformato in un nibbio, l'uccello rapace che mai si posa sui rami dell'albero.
Il simbolismo profano della melagrana nel Rinascimento
La granata, che sotto la sua scorza raccoglie armonicamente i grani color del rubino, era considerata sacra a Giunone come «conservatrice dell'unione dei popoli», visti come tanti chicchi, e suscitatrice di concordia nella grande famiglia sociale.
Perciò, spiegava alla fine del XVI secolo Cesare Ripa nella sua Iconologia, si raffigurava la Concordia come «una bella donna che mostra gravità e tiene nella mano destra una tazza con un pomo granato, nella sinistra uno scettro che in cima abbia fiori e frutti di varie sorti, in capo haverà una ghirlanda di mele granate con le foglie e i frutti».
A sua volta l'Accademia, come congregazione di molte persone riunite per perseguire un fine intellettuale comune, era simboleggiata dalla mela granata, la quale infine concorreva a formare l'immagine della Conversazione: un uomo giovane, allegro e ridente, vestito pomposamente con un abito verde, il capo cinto da una ghirlanda di alloro e nella mano sinistra un caduceo che, invece delle due serpi
allacciate, presenta un ramo di mirto e uno di melograno, entrambi fioriti; e sopra le alette una lingua umana.
Il giovane è ritratto nell'atto di far riverenza, con una gamba sospinta indietro, mentre dal braccio destro, teso in avanti come per abbracciare o ricevere un abbraccio, pende un nastro che reca il motto «Veh soli».
«Il ramo della mortella e del pomo granato,» spiega il Ripa «ambidue fioriti con bei rivolgimenti intrecciati insieme, significano che nella Conversatone conviene che vi sia unione e vera amicizia e che anche le parti rendano di sé scambievolmente buonissimo odore e pigliare insieme dalle dette piante, essendo tra di loro si amano tanto che, quantunque posti lontanetti l'una dall'altra radice, si vanno a trovare e si avviticchiano insieme a confusione di chi fugge la Conversatone.»
L'uomo è giovane perché secondo l'iconologo i giovani si diletterebbero più degli anziani a vivere insieme.
È ridente e vestito di verde perché questo colore indurrebbe all'allegria.
L'alloro ammonisce a rendere ogni conversazione virtuosa e mai viziosa.
La lingua sopra le alette ci ricorda che la natura ha dato la parola all'uomo non perché parli con sé medesimo, ma perché esprima amore e affetto agli altri.
L'atto di far riverenza e il braccio aperto dimostrano a loro volta che conversando occorre essere cortesi e benigni verso chi è degno della «vera e virtuosa conversatone».
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