VISCHIO DA APPENDERE CON SFERA DI VETRO BIANCA
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VISCHIO - significato

(tratto dal libro di Alfredo Cattabiani "Florario - miti, leggende e simboli di fiori e piante". E' un libro da acquistare leggere consultare ! )

Il fulmine celeste: il vischio
Per le feste natalizie si usa appendere rametti di vischio - Viscum album in botanica - agli usci delle case o di portarne al collo un rametto perché lo si considera un amuleto contro le disgrazie e gli influssi negativi.

Guai però a raccoglierlo con le mani e soprattutto con la sinistra: si attirerebbe la malasorte.

Una volta si faceva cadere il vischio dall'albero colpendolo con un bastone o con una freccia; e si doveva afferrarne il cespo al volo prima che toccasse terra. Precauzioni, comunque le si giudichino, ispirate al simbolismo di questa pianta semiparassita e sempreverde che vive sui rami di tanti alberi, soprattutto del pino silvestre, del melo e del pero, ma anche della quercia.

Ha foglie carnose, con bacche sferiche che variano dal bianco perlaceo al giallo dorato secondo l'albero sul quale maturano.

Stando a un'altra consuetudine, se si passa in compagnia sotto un cespo di vischio, ci si deve baciare, e se una ragazza non riceve questo bacio rituale non si sposerà nell'anno successivo.

In qualche regione dell'Inghilterra, per scongiurare il pericolo di rimanere zitelle, nella notte del 6 gennaio se ne deve bruciare il mazzo che ha addobbato la casa durante le feste natalizie.

Queste usanze ci giungono dai Celti che consideravano il vischio una pianticella misteriosa, donata dagli dei poiché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di un'altra pianta.

Favoleggiavano che nascesse là dove era caduta la folgore: simbolo di una discesa della divinità, e dunque di immortalità e di rigenerazione.

«I Druidi - così si chiamano i maghi di quei Paesi - non considerano niente più sacro del vischio e dell'albero su cui esso cresce, purché si tratti di un rovere» scriveva Plinio.

«Scelgono come sacri i boschi di rovere in quanto tali, e non compiono nessun rito religioso se non hanno fronde di quest'albero, tanto che il termine Druidi può sembrare di derivazione greca.

In realtà essi ritengono tutto ciò che nasce sulle piante di rovere come inviato dal cielo, un segno che l'albero è stato scelto dalla divinità stessa.

Peraltro il vischio di rovere è molto raro a trovarsi e quando viene rinvenuto lo si raccoglie con grande devozione: al sesto giorno della luna (che segna per loro l'inizio del mese, dell'anno e del secolo, ogni trent'anni), e questo perché in tale giorno la lune ha già abbastanza forza e non è a mezzo.

Il nome che hanno dato al vischio significa "che guarisce tutto".

Dopo avere apprestato, secondo il rituale, il sacrificio e il banchetto ai piedi dell'albero, fanno avvicinare due tori bianchi ai quali per la prima volta vengono legate le corma.»

Il capo dei Druidi lo coglieva con una falce d'oro; gli altri Druidi, vestiti di tuniche bianche, lo mettevano in un bacile d'oro che esponevano
poi alla venerazione del popolo.

Siccome si attribuivano al vischio molte proprietà curative, lo immergevano nell'acqua che distribuivano a chi la desiderava per guarire da qualche male o per preservarsi da future malattie.

Quell'acqua era considerata anche un antidoto contro malefici e sortilegi.

Ritengono che il vischio, preso in pozione,» soggiungeva scetticamente lo scrittore latino «dia la capacità di riprodursi a qualunque animale sterile e che sia un rimedio contro tutti i veleni: così grande è la devozione che certi popoli rivolgono a cose perlopiù prive d'importanza».

Plinio riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerata l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di essa cadevano spesso i fulmini.

Si credeva che il vischio cadesse insieme con una folgore.

«Questa congettura» scrive il Frazer «è confermata dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau, perché questo epiteto implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine.

Se vi è qualche verità in questa supposizione, la vera ragione per cui i Druidi adoravano un albero portante il vischio più di tutti gli alberi della foresta, era la credenza che ciascuna di quelle querce non fosse stata colpita dal fulmine ma portasse sui rami una visibile emanazione del fuoco celeste; così che tagliando il vischio coi mistici riti si procuravano tutte le proprietà magiche del fulmine.»

Le usanze druidiche continuarono in Francia anche dopo la sua cristianizzazione: sappiamo infatti che nel XV secolo la gente partecipava ancora a una cerimonia che ricordava quella druidica e veniva detta guilanleufo auguilanneuf (vischio dell'anno nuovo).

La credenza che il vischio sia una pianta celeste e una panacea universale si ritrova anche in altre parti del mondo. I moderni Ainu del Giappone lo considerano un medicinale utile per quasi ogni malattia; e i Vaio della Senegambia, in Africa, venerano una specie di vischio, detta tob, che considerano quasi un talismano; tant'è vero che quando vanno a combattere ne portano addosso alcune foglie per preservarsi dalle ferite.

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